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"Tre istantanee saggistiche sulla personalità dominante la cultura italiana fra il XIX e il XX secolo. L'intellettuale filosofo e lo storico, il critico letterario e il teoretico, che governò il sapere dei suoi tempi dall'alto di una superiorità acclarata e solitaria, sia pure contraddetta e contrastata per generazioni, decretando con la continuità, la qualità e la quantità delle opere, una egemonia che non si è più ripetuta. L'Aristotele moderno, il maestro di color che sanno, era nato a Pescasseroli (l'Aquila), ma di patria napoletana, il 25 febbraio 1866 e a Napoli, diventata nella sua personale dimora un centro nazionale di studi storici, si spense il 20 novembre 1952, in un'Italia che aveva preso l'abitudine di venerarlo senza quasi più effettivamente riconoscerlo, dopo il secolare discepolato. Figura-simbolo dell'antifascismo etico, il filosofo della religione della libertà, rispettato e temuto anche da Mussolini, fu messo da parte allorché la libertà era divenuta la religione di tutti, in una dimensione culturale tutta postcrociana e in gran parte anticrociana. (...)"